
Definire il noir al maschile singolare può sembrare quasi tautologico: il noir è a tutti gli effetti un genere dominato dagli uomini. Eppure, dopo E. A. Poe e molto prima di Arthur Conan Doyle, il primo successo letterario di un poliziesco è dovuto ad Anna K. Green che, con il giallo investigativo Il caso Leavenworth, nel 1878 vendette più di un milione di copie, aprendo la strada ad autrici anglosassoni come Ngaio Marsh, Dorothy Sayers e Agatha Christie, più di recente seguite da Anne Perry o P.D. James. Ma nonostante queste autrici siano state e siano molto apprezzate, oggi il noir è un genere letterario segnato da un sospetto di misoginia che riguarda la rappresentazione del femminile, in quanto autrice e in quanto personaggio.
E non è da escludere che se agli inizi le donne hanno avuto un inatteso spazio di espressione, ciò sia dovuto al fatto che il noir fosse considerato un genere minore, molto poco letterario. La leggibilità ed il prestigio letterario sono sopravvenuti solo quando autori rinomati hanno iniziato a scrivere “anche” dei noir, benché il genere sia rimasto al margine del campo letterario ufficiale, serio, sia a livello nazionale che internazionale. All’interno quindi di un genere già marginalizzato, le donne non potevano che trovare sempre meno spazio, come se il palato dei lettori di noir non trovasse nel linguaggio e nelle storie narrate da scrittrici quel gusto di ferro e sangue che si aspetta.
Incuriosita da questa inversione di tendenza, e per non limitarmi alle teorizzazioni, ho iniziato a indagare tra le cifre ma, prima di iniziare a spararle e anche per non demoralizzarci, voglio citare la felice eccezione scandinava, dove Anne Holt, Karin Fossum, Camilla Läckberg o Liza Marklund non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi uomini in qualità e successo.
Beate loro, perché invece altrove…
In generale, si sa che la maggior parte dei premi letterari anglosassoni sono attribuiti ad autori (maschi) che parlano di uomini (la tendenza si inverte nettamente solo nel campo della letteratura per bambini). Ugualmente, in Francia, su 663 premi letterari assegnati durante il XX secolo, solo 108 sono stati assegnati a una donna, e quasi nessuno (se ho ben guardato) ad autrici di noir. Anche qui c’è un’eccezione, rappresentata da Fred Vargas, tradotta in tutto il mondo, che tra gli altri premi ha ricevuto il Landerneau Polar lo scorso anno per Tempi glaciali. Non riesco però a considerare un caso che più di una autrice di noir, almeno all’estero, abbia assunto nomi maschili, o che inducano il lettore a pensare che chi scrive è un uomo, come appunto Fred Vargas o P. D. James.
In Italia la situazione si allinea alla tendenza particolarmente nel noir: in quasi vent’anni di edizioni del premio Scerbanenco, ci sono state tre vincitrici (Bucciarelli, Barbato, Salvatori) un ex-aequo e una menzione speciale, quella dello scorso anno a Grazia Verasani. Quest’anno su ventiquattro semifinalisti, sette sono donne: De Falco, Genisi, Lepore, Montaldi, Oliva, Rava e Sharp. Aspettiamo i cinque finalisti, magari mi smentiranno.
Il Premio Raymond Chandler dal 1988 ad oggi è stato vinto da P.D. James nel 1995 e da Alicia Giménez Bartlett nel 2008.
Al Premio Nebbiagialla di Suzzara per noir editi quest’anno sono arrivati quattro finalisti, tutti uomini (mi pare superfluo sottolineare la presenza di validissime scrittrici tra i semifinalisti); ma d’altronde, a guardare le ultime sette edizioni, solo una è stata vinta da una donna, Angela Capobianchi.
Il Premio Garfagnana, che vanta una massiccia partecipazione femminile, vede però restringersi a poche unità le scrittrici in finale. Per esempio, nessuna quest’anno tra i cinque finalisti autori dei romanzi Selezione Giuria, mentre sono 13 le finaliste per i racconti. Tuttavia sul sito del Garfagnana c’è un’interessante nota: gli assassini e gli assassinati -almeno tra gli scritti ricevuti dal premio- non fanno discriminazioni, e tendono alla parità di genere, crudeli e truculenti o sbudellati senza differenze.
Ho notato la stessa scarsità di presenza anche nei festival del settore, dove le scrittrici -già poche- sono “costrette” a parlare di “scrittura femminile” o -ancora peggio- di “noir al rosa” in incontri-recinto che sanno di contentino, mentre le vere star restano gli autori maschi (bravissimi, non nego).
Pur non essendo un’esperta, resto comunque una appassionata lettrice di noir, e per quanto valer possa la mia parola, credetemi se vi dico che le nostre scrittrici non hanno nulla da invidiare ad autrici tanto osannate, anche qui in Italia, come Camilla Läckberg , Fred Vargas o Patricia Cornwell, né ai loro colleghi maschi.
Grazie a Marilù Oliva, Giorgia Lepore, Grazia Verasani, Patrizia Rinaldi, Sara Bilotti o Elisabetta Bucciarelli (mi scusino le assenti, so che siete tantissime!) non mancano le storie noir, il coraggio di raccontarle, il linguaggio per farlo. Manca solo -forse, un pochino- la voglia di uscire dagli stereotipi. E da questo stramaledettissimo alone rosa.
E tu cosa ne pensi?