
Non è la prima volta che mi capita di parlare del libro di un amico. Esercizio non semplice, in realtà, tanto da spingermi ad evitarlo per quanto possibile: mantenermi equilibrata, critica ma non troppo, amichevole ma capace di sottolineare senza remore eventuali difetti, insomma…devo proprio farlo?
In questo caso sì, devo. E non per “obbligo” di amicizia, appunto, ma perché di questo romanzo ho letto i primi capitoli, le prime stesure. L’ho riletto poi, notandovi cambiamenti, migliorie, evoluzioni. L’ho visto passare in televisione, tentare strade diverse per venire alla luce. E finalmente essere pubblicato.
Nel titolo del nuovo romanzo di Alessandro Toso (segue infatti Destini verticali di cui ho già parlato) è racchiuso il senso profondo non solo del romanzo stesso, ma della società odierna.
Molti altri periodi storici sono stati caratterizzati da incertezze e mancanza di stabilità; tuttavia quello che stiamo vivendo ora è un momento particolare, in cui -tranne pochi fortunati, immagino- abbiamo la perenne sensazione di avere i piedi appoggiati su un terreno instabile, su una sottile crosta sopra un magma in ebollizione. Se dovessimo fare una ricerca sulla parola più spesso usata negli ultimi anni, questa forse sarebbe “crisi”: e in questa crisi ci dibattiamo in molti, privi di sicurezze -economiche, sociali, anche morali- cercando di mantenerci alla superficie, di non affondare. A galla. Perché non di gare di nuoto, né di qualche bracciata si tratta; dobbiamo accontentarci di non affondare, di continuare a respirare, ché è meglio di niente.
In A galla si narra di una piccola fabbrica -la Technobitum– in un piccola città -dal nome fittizio di Castello d’Arquà- abitata non da eroi, né da grandi delinquenti, ma da piccoli uomini. Come voi, come me.
Gianluca e Ginevra, Marcellone e Tonino, hanno i pregi e i difetti, le meschinità, le virtù minime di tutti noi, più adatti alla disfatta in sordina che alla vittoria eclatante. Solo i due antagonisti, Franco e Renato, appaiono essere pronti a tutto per realizzare -nel bene o nel male- ciò che ritengono giusto per sé e per gli altri (la famiglia, i colleghi), ma non per questo saranno ricompensati dalla storia.
Sono (e siamo con loro) uomini e donne che arrancano, che cercano di farcela, ognuno secondo le proprie regole, secondo le proprie piccole capacità. Non esistono grandi ideali (se non nel personaggio tenace e sognatore di Franco), e quindi nessun grande movente: si vive per sopravvivere.
Unica piccola luce in questo mondo -non buio, solo smorto- un amore appena nato, quello tra Giulia e Marco: sarà corrotto dal tempo, contaminato dalla vicinanza con la piccolezza attorno? una tenue speranza sembra esserci. Ma quest’unico innocente barlume non fa che mettere in risalto con violenza il grigiore dal quale è nato.
Oltre all’intensità dei personaggi, oltre ai dialoghi serrati e realistici, oltre alle indubbie capacità di scrittura di Alessandro che rendono la lettura fluida e piacevole, credo che il suo maggior merito sia nell’aver costruito una tragedia umana qui, dietro l’angolo di casa, nel prospero (fin quando ancora?) nord-est che potrebbe essere un luogo qualunque del nostro Paese, dove si agitano personaggi che potremmo conoscere, negli errori e nelle speranze dei quali potremmo riconoscerci.
Tragedia senza pretese, a volte grottesca, ma non per questo meno dolorosa, di uomini piccoli piccoli.
Francesca Schipa

A galla, Alessandro Toso, ed. Scrittura e Scritture, pagg, 368, 14,50 euro
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