Nella borsa di Nina

Due noci ancora verdi.

Un rametto di lavanda che perde i fiori.

Un portamonete di pelle rossa screpolata con l’apertura a scatto. All’interno due monete opache.

Un fazzoletto bianco con gli angoli ricamati: da che ho memoria, nonna Nina ne ha sempre avuto uno a portata di mano per asciugare lacrimoni e sbavature di gelato.

Occhiali con una grossa montatura nera. Un altro paio identici, con una lente rotta.

Sacchettino da confetti (vediamo? Sì, odora ancora di zucchero e vaniglia) con dentro ago, filo bianco e un bottone da camicia. E… anche un pezzetto di elastico.

Sparsi sul fondo: pasticche dure all’anice, rivestite di carta turchese; quadratini di zucchero all’orzo che brillano come ambra; caramelle ripiene in rosso fuoco crepitante. Quando ero piccola, staccavo un angoletto per succhiarne la crema; solo a quel punto mangiavo il resto, che si attaccava ai denti per ore come una promessa di carie. In realtà lo faccio anche ora, e continuo a pensare sia il modo migliore per mangiarle.

Sono le tre, fa caldo e la nonna Nina (dovrei dire bisnonna, per la precisione) dorme, come ogni giorno. E mentre fa il suo riposino pomeridiano e io, Marianna, sua pronipote prediletta, frugo nella sua borsa senza la minima discrezione. Perché? Beh, naturale e giustificata curiosità, immagino. La mia vecchietta nasconde qualcosa, ne sono certa: per esempio, quando sente parlare d’amore, ha lo sguardo del gatto che ha mangiato il topo, non so se mi spiego.

Andiamo avanti, che se mi becca la mamma in quest’operazione di spionaggio son guai seri.

Tasche interne: un paio di compresse per il cuore, gambaletti di nylon color carne, un pettinino per lo chignon. Nonostante l’età, Nina ci tiene ai suoi capelli come una quattordicenne (come me, infatti): li porta lunghissimi, una treccia bianca che si apre come una rosa dietro la nuca. Le mattine in cui mia madre non lavora, lei e la nonna si chiudono in camera: seduta davanti alla toletta, un asciugamano sulle spalle, Nina si lascia pettinare a lungo, come una bambola antica; tiene gli occhi chiusi e un sorriso leggero le liscia gli anni sulla fronte. Lo so bene che non si spia, ma se chiudete la porta è colpa vostra poi se la curiosità si scatena; insomma, una pettinata non è un segreto di stato, no?

Altra taschina, uno specchietto da borsa senza cornice, macchiato di vecchiaia: mi guardo negli occhi, “azzurri come il mare della Malesia” mi ripete la nonna, come se lei ci fosse stata mai. Azzurri come i suoi. Aggrotto le sopracciglia e mi lancio uno sguardo di rimprovero per quello che sto facendo, ma mi risponde un occhiolino che mi convince di essere nel giusto.

Per ultimo, un portadocumenti di finta pelle con la sua carta d’identità: Marianna Agata Baudino, nata a Torino il 13 maggio 1920, nubile, mi guarda da una foto di almeno vent’anni fa, già vecchia, come fosse nata grigia e rugosa. E ha sempre quello sguardo: come se la ragazzina ficcata a forza nella vecchietta si affacciasse prendendo in giro il mondo.

Statura centocinquantanove centimetri, occhi cerulei (l’impiegato del Comune non è mai stato in Malesia, evidentemente). In quel momento, scagliato dalla protettrice delle investigatrici in erba, mi colpisce il fulmine dell’illuminazione: nubile. Ah, lo sapevo, lo sapevo!

Mentre leggo e rileggo la parola incriminata, come se potesse spiegarmi qualcosa in più, un leggero scricchiolio sotto le dita: nascosti dal documento, una foto antica e un foglietto ripiegato che pare voler andare in briciole solo a guardarlo.

Tendo l’orecchio verso la camera della nonna: mi suda la schiena, se mi beccano mi gioco la paghetta a vita.

Tuttavia, poiché non sembra esserci nessuno nei paraggi, la famosa spia continua nella sua pericolosa missione: un giovanotto dai baffi biondi molto curati, in uniforme aderente, gonfia il petto e fissa con sguardo fosco Carlo Pozzo di Torino, fotografo ritrattista (questo è stampigliato in corsivo, vicino al bordo della foto). Mmmmhh, però…carino, il tipo: assomiglia -e non poco- a quell’attore che ha fatto L’ultimo bacio, capisco che Nina ci sia cascata come una pera cotta.

Giro la foto, ed ecco l’indizio: Alla più preziosa Perla di Labuan, il mio pegno d’amore. Per sempre vostro, Nadir.

Labuan? Ma se la bisnonna è nata a Torino… Apro piano il foglio, sperando in una lettera d’amore che sveli l’arcano: invece niente da fare, la famosa spia sovietica è stata perfidamente ingannata ed il piano è fallito. È solo il frontespizio di un vecchio libro, “Le ultime avventure di Sandokan” di E. Salgari. Però il soldatino della foto deve averci a che fare, perché sotto c’è scritto “romanzo tratto da trama dell’Autore a cura di Nadir Salgari”.

La stessa grafia elegante fissa un appuntamento che mi piacerebbe proprio sapere com’è andato a finire:

Vi raggiungerò questa sera con il mio motociclo. Attendetemi. N.

Un rumore di ciabatte dalla stanza della nonna mi fa saltar su: rimettendo tutto al suo posto, la bella e famosa spia torna all’anonimato sotto le mentite spoglie di una tranquilla adolescente.

Devo assolutamente ricordarmi di guardare su google chi cavolo è questo Sandokan…

 

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Categorie: d'Inediti

Autore:diLetti e Riletti

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