Non so se anche a voi è capitato, ma facebook ha graziosamente deciso di tempestare la mia bacheca con annunci ammiccanti sulla prossima uscita del film tratto dall’ormai celeberrimo romanzo “50 sfumature di grigio” di E. L. James (pseudonimo di Erika Leonard). Non so perché abbiano scelto me, immagino di rientrare per fascia di età nel target (anche se temo di posizionarmi più fra le cougar che tra le milf), ma fatto sta che mi suggeriscono la visione di piccanti trailer e l’acquisto anticipato di biglietti.
In un primo momento ho ridacchiato, poi ho deciso che bastava, bloccando i siti propositori: contate pure su di me, ragazzi. Il tarlo fastidioso però era ormai insediato e ha fatto il suo lavoro. Insomma, mi son chiesta, possibile che una serie di romanzi “porno-soft” susciti così tanto prurito e scalpore nel ventunesimo secolo solo perché scritti da una donna, nonostante la liberazione sessuale e l’evoluzione dei costumi? Ho preso così a sfogliare nuovamente alcuni dei libri di genere letti -ahimè- sin troppo tempo fa, e che dividerei in due categorie ben precise: ante anni ‘70 e post anni ‘70.
Qualunque discussione sul libro erotico al femminile dovrebbe prender inizio da Il Delta di Venere, commissionato ad Anaïs Nin negli anni ‘40 per uso privato e con precise indicazioni sull’argomento: sesso, tanto, nudo e crudo. Benché l’autrice stessa affermi che “il sesso deve essere innaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le spezie della paura, di viaggi all’estero…”, la raccolta, per quanto mirabilmente scritta, a rileggerla sembra scivolare nell’accademico e nella ripetitività: macchine da sesso perennemente tumide e umide, i protagonisti cercano l’appagamento in ogni modo possibile, senza tabù o remore di sorta. Nonostante lo scandalo suscitato all’epoca, di rado i racconti suscitano ancora eccitazione o interesse erotico.
Ben altro impatto ha la storia di Emmanuelle, uscita clandestinamente nel 1959: sul crinale dell’autobiografia si raccontano le avventure erotiche di una giovane, bellissima donna molto libera nonostante il forte legame con il marito. A rivederla con occhi più smagati, la disinibita protagonista sembra piuttosto seguire scrupolosamente indicazioni e desideri altrui, in perenne adorazione del pene e alla ricerca di un piacere dai tratti maschili; impressione confermata da diverse fonti che affermano essere il marito della Arsan, il diplomatico Louis-Jacques Rollet-Andriane, il vero autore del libro. Exit Emmanuelle, quindi.
Ma il vero scandalo fu suscitato dalla pubblicazione di Histoire d’O di Pauline Réage (pseudonimo che nasconde anche qui una coppia e non già un’autrice). O. accetta di diventare proprietà del suo amante e subisce ogni sua decisione senza mai ribellarsi: bambola di gomma perfetta sulla quale scivola qualunque tortura, senza lasciare segni di frustate o cicatrici, O. abdica alla propria volontà e prova piacere solo nel piacere del proprio padrone (questo vi ricorda qualche sfumatura, per caso?). Nonostante l’erotismo spinto e a tratti efficace, la donna è solo un insieme di anfratti da utilizzare all’infinito e cedere a piacimento, il suo godimento non è contemplato nell’atto e il sospetto che il tutto sia pilotato da una mano (diciamo così) maschile ritorna pressante.
Il segnale del vero passaggio è in Paura di volare di Erica Jong (1973), in cui la protagonista finalmente (!) fa sesso per il puro piacere di farlo, alla ricerca di un godimento che le è stato negato nel matrimonio e del quale sente di non dover più fare a meno. Isadora Wing tenta di sfuggire ai retaggi di un’educazione moralista che divide le donne in sottomesse o puttane, inseguendo il suo graal nella “scopata senza cerniera”, cioè il sesso fine a se stesso, come quello fino ad allora riservato ai maschi. Ricco di dettagli e complesso, Paura di volare dà un’immagine dell’eros femminile all’epoca del tutto nuova, e per questo è stato molto apprezzato dalle femministe e definito pornografia dal resto del mondo.
Nello stesso modo in Italia è stato accolto Porci con le ali, di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, dove due liceali affrontano con apparente disinibizione le loro (diverse) fantasie erotiche in un periodo (1976) in cui l’ideologia e non più la morale regolava i rapporti tra i sessi.
Negli anni ‘80 la liberazione sessuale è ormai completa: Le età di Lulù, di Almudena Grandes, racconta senza tentennamenti le scoperte erotiche di una ragazzina che fa della trasgressione la propria regola di vita. Lulù non si lascia manipolare dagli uomini e usa il proprio corpo senza inibizioni né sensi di colpa: qui non c’è nessuna “cerniera” a trattenerla e Lulù sa ben approfittare di questa libertà per conoscere il piacere. Sulla stessa falsariga il nostrano Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire di Melissa P. o Dietro le porte di Alina Reyes, viaggio nelle più ardite fantasie sessuali maschili o femminili a seconda del lato del libro che si apre, fantasie variegate e opposte che si incontrano al centro del libro.
Ma ripercorrendo questi cambiamenti, mi resta forte l’impressione che pian piano, avendo esplorato ogni possibile devianza, la letteratura erotica stia ritornando verso un’immagine femminile che credevo ormai archiviata, un nuovo tappeto di carne plastificata il cui piacere è contemplato nella sottomissione e nel completo abbandono alla volontà altrui.
A quarant’anni dall’abolizione della paura di “volare”, non sono convinta che questa evoluzione verso il “porno-soft” rifletta un cambiamento positivo. Il piacere può anche passare per una corda, ma la consapevolezza del corpo femminile ha bisogno di vie diverse, soprattutto in una società dove la violenza sulle donne non ha bisogno di vestirsi di velluto per riemergere dalle cronache ogni giorno.
E tu cosa ne pensi?