Cristo a Roma

Quanno che ‘n giorno Cristo
decise de torna’ a Roma
nun se fece fa’ er visto:
se rassettò la chioma
(pe’ pare’ più ordinato)
lasciò l’aureola su,
e bello che rinfrescato
se disse “So’ Gesù,
er fijo de mi’ Padre:
che probblemi ce stanno?”

“Fermete – fece la Madre-
nun anda’ a fa’ più danno,
ché già l’Urbe, porella,
sta in un periodo tristo.
Pe’ dilla tutta, quella
me sta ai piedi de Cristo.”
Gesù, chiamato in causa,
guardò le estremità.
“Madre, datte na pausa!
che me stai a racconta’?
Qua sotto nun c’è gnente,
proprio gnente de male,
Roma c’ha ‘n bell’ambiente,
papà c’ha ‘a succursale…”

“Figlio, amoroso giglio,
c’hai la testa de coccio,
lo mio era un consiglio,
ma se pensi che scoccio,
scenni e fatte ‘n giretto.
E nun me venire a di’
che nun te l’avevo detto!”
Così parlò, e svanì.

Quanno se terminò
la cazziata materna,
Cristo lesto riannò
nella Città sua Eterna,
e pe’ ffa’ l’amicone
andò subbitamente
ndo stava la stazzione
e ‘n zacco de bella ggente.
Ma giuntosi alla piazza
de nome Indipendenza
vide òmini in corazza
su gente che era senza,
e mettendosi in mezzo
pe’ ferma’ i manganelli
“Fermète, brutto pezzo…!”
je strillarono quelli.
E siccome che invece,
dato ch’era Gesù,
cominciò a dire “Pace…”
nun ce videro più:
“M’ha colpito la faccia!
marocchino de m…,
te spezzo le du’ braccia!”
“Fratelli, non si perda…”
la calma, volea dire.
Ma l’òmo c’aa corazza
nun lo stette a sentire
e imbracciata la mazza
je la menò sur naso.

Restò senza far voce,
nun je pareva er caso:
“Sempre la stessa croce!”
penzò in mezzo alla ggente
che già teneva poco
e mò teneva niente.
“Padre mio, qui ti invoco,
guarda sti sfortunati,
scappati da la guera,
accolti e rifuggiati,
in cerca de ‘na tera.
Io sono il tuo figliolo,
ma guarda st’ingiustizzia;
penzavo d’esse solo
e invece è ‘na milizzia
de ggente in gran tormento,
senza pace e futuro.
E questo trattamento
me pare troppo duro:
ce so’ donne e creature,
e st’òmini in corazza
sopra alle pelli scure
menano forte, ammazza!
C’avea raggione mamma…”

Mentre così diceva
vide na pòra donna
strutta, che se piagneva.
Aveva perzo tutto,
era stanca e bagnata:
a Cristo parette brutto
e fece ‘na penzata.
A ‘na guardia, uno tosto,
armato ed aggressivo,
fece fare un bel gesto
davanti a ‘n obbiettivo.
Poi, cor còre placato,
penzanno “Tutt’apposto”,
attese il risultato
del miracolo d’agosto.

E di tutto quel duolo,
di tutto quel casotto,
il mondo vide solo
La carezza del poliziotto.

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Categorie: d'Inediti

Autore:diLetti e Riletti

Blog di libri, letture, divagazioni. www.dilettieriletti.wordpress.com

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