
È una giornata ventosa di marzo, questo lo ricorda.
Ricorda che c’è traffico, ricorda la macchina, una 128 verde.
Ricorda, a sprazzi, le vetrine, la luce.
Ricorda che tutto il mondo sembra venirle addosso correndo.
È una giornata di marzo, questo lo ricorda ogni anno, sempre nello stesso giorno.
Ricorda i mesi precedenti, l’ospedale, mesi di risate e pianti, mesi di letto e torture programmate, però non bene, no. Il dolore, quello fisico, tende a evaporare. È una fortuna; se dovesse portare incise nella mente tutte le cicatrici che ha sul corpo, diventerebbe pazza. Invece il dolore è clemente, ti uccide sul momento e se ne va.
Ha coltivato l’odio, invece: per la sedia su cui dorme sua madre, per il caffellatte sciacquatura, per la suora vestita di rigido bianco, per quel verde sala operatoria, per le infermiere con i carrelli sferraglianti alle sei del mattino, per i medici che passano e chiedono Come stai. Ricorda che la risposta è sempre la stessa. Bene. Ricorda che ridono.
Ma più di tutto disprezza i visitatori. Ricorda quelli che arrivano dalle cinque fino alle sette, con i loro doni, con il loro imbarazzo. Quelli che si sentono male davanti al sangue, e sbiancano. Quelli che si siedono in punta alla sedia e non vedono l’ora di scappare. Ricorda benissimo ogni singola goccia di odio che gli ha riservato.
Ricorda, la ragazza di quindici anni, che in quei mesi è cresciuta. Allungata, smagrita, tirata.
Ricorda che sua madre vuole comprarle vestiti nuovi, come se fosse festa. E un po’ festa lo è.
Ricorda che si appoggia al braccio forte e tondo e per la prima volta scopre che sua madre è più bassa di lei. In questi mesi siamo cresciute insieme, mamma, eppure sei rimasta indietro. Aspetta, ora vedrai se non recupero il passo veloce, e ti lascio indietro.
Ricorda la paura, la ragazza dalle ossa incollate. Che qualcuno la urti, una spinta, un sasso. Ricorda, o forse no, che c’è ancora la Standa in piazza.
Ricorda che il dolore c’è, ma la gioia, la paura, la libertà, la luce, la gente lo hanno seppellito sempre più in fondo.
E ricorda il momento. Ricorda il rumore.
Di pane croccante, di ghiaccio che scricchiola. Ma, che fortuna, non ricorda il dolore; quello è andato, evaporato.
Mamma… si è rotto. Le ossa a volte fanno il rumore del pane e del ghiaccio spezzato.
Mamma, si è rotto.
Ricorda poco altro.
Le dissero, poi, che avevano rapito un politico importante, ucciso la scorta, che l’Italia intera era sotto choc, che nulla sarebbe più stato come prima.
Senza i suoi vestiti nuovi, in ospedale, alla ragazza non fregò assolutamente nulla.
E tu cosa ne pensi?