Dicembre 1895 – Risotto alla folaga (alla Puccini)

Gli spari avevano sventrato il silenzio di quella mattina cupa, sollevando starnazzi e fischi e batter d’ali: due uomini fecero capolino dal cesto, muovendosi a fatica nell’acqua torbida. Recuperato l’animale ancora palpitante, salirono sul barchino per tornare verso la riva; il lungo legno ammuffito tracciava brividi argentei sul lago sfiorato da un sole decembrino appena nato e già stanco.

Sulla riva li aspettava Ferruccio, blocco degli schizzi sulle ginocchia e sguardo perso sull’orizzonte avvolto nella bambagia di nuvole pesanti: nessuno pareva aver voglia di parlare, l’aria era diaccia e i panni intrisi appesantivano le gambe come piombo nel tragitto attraverso i fitti ciuffi di falasco e cannuccia.

Presto la torre del Barsuglia apparve di tra la nebbia, un filo di fumo tossito dal camino: le stanze portavano ancora un calore residuo della notte non ancora terminata, e Ferruccio si adoprò a riattizzar le braci, mentre i due cacciatori sfilavano stivaloni e brache cerate rabbrividendo e strofinavano i piedi raggrinziti col un cencio di cotone. Mentre gli amici si lasciavano cadere sulle sedie davanti al fuoco, Giacomo portò in cucina la bisaccia; lì dentro era freddo e umido e dai vetri appannati di intravvedeva un sole tisico. Il lago era una superficie liscia e calma, i codoni e le marzaiole invisibili lanciavano i primi canti tra i canneti e il mondo sembrava in armonia con se stesso. Poiché le poche case del villaggio e i capanni non erano visibili dalle finestre, Giacomo fu pervaso da un senso di solitudine pacificata: tuttavia quella mattina portava con sé strani echi malinconici, come se il tempo fuggendo lasciasse un vuoto sempre più grande, risucchiando vita e amici e gioia. Sentì la bella voce di Lodovico raccontare dell’appostamento e abbassò lo sguardo a terra: lei giaceva lì, gli occhi scuri semichiusi, già velati dalla morte, il collo reclinato graziosamente. Un brivido lo trafisse mentre si piegava sulle ginocchia: tese le dita accarezzandola piano.

Mimì…Mimì…

Il grido finale gli risuonava tra le tempie, inutile richiamo dell’amante privato per sempre dell’oggetto della passione. Mimì. Ah, era morta, era morta e con lei tutto trascolorava per sempre, gioventù, sogni, amori. Tutto finiva con lei.

Continuava ad accarezzare le nere piume della folaga, iridescenti e setose, ma il suo cuore era lassù, nella soffitta dove le illusioni si erano infrante tra colpi impietosi di tosse: così lo trovò Ferruccio, con gli occhi lucidi e le spalle curve.

-O Giacomino, ma non m’hai detto punto se l’hai finita…- lo scosse affettuoso il pittore, che ben gli conosceva quei momenti e profondamente li rispettava.

-Ma sì, ma sì, madonna bonina, l’ho finita.

E un po’ strattonato dalle manone gentili, si tirò su di malavoglia, tornando verso il camino: Lodovico si stropicciava le mani al fuoco, puntandogli gli occhi addosso, e Ferruccio continuò:

-E allora, se è finita…o che s’aspetta?

Giacomo si sedette e sospirò:

-Allora, iniziamo da qui: Mimì era nel suo lettuccio fingendo di assopirsi per parlare da sola con…

Mentre spiegava lo svolgimento del quarto quadro, i due amici si misero ai lati del pianoforte, sgualciti angeli custodi di tanta poesia, aspettando il primo accordo. Le belle mani spiccarono il volo sul lago di bianco avorio della tastiera, e Mimì sofferse, amò, morì, Musetta e Marcello piansero, Rodolfo si disperò e gridò a lungo il nome dell’amata.

Mimì, Mimì… Mimì!

Su queste ultime note, le mani ricaddero come uccelli feriti, e i tre uomini tennero gli occhi bassi a nascondere le lacrime di emozione purissima, riconoscendo la loro stessa vita, passioni, amori, arte e bohème in quelle note superbamente sofferte.

Poi Ferruccio si scosse ed emise la sentenza:

-Giacomino… te tu sei un gran bischero, ma questa musica qui, non ha di eguali.

Puccini gettò la testa all’indietro e rise di cuore, felice come se non ci fosse al mondo altro giudizio che volesse sentire.

 

diScritti storico

Risotto alla folaga o alla Puccini

 per 4 persone

  • 6 manciate di riso carnaroli
  • una folaga non troppo grossa
  • 50 gr di burro
  • 3 pomodori San Marzano maturi,
  • cognac, vino rosso, aglio, salvia, sedano, carota, cipolla, zenzero, olio extravergine d’oliva, brodo
  • sale e pepe.

La folaga va spellata completamente e poi lasciata marinare in vino rosso e aceto per tre-quattro ore.

Tagliare la folaga in quattro pezzi e farla rosolare bene con aglio, burro e salvia; bagnare con cognac e farlo evaporare. Estrarre i pezzi di folaga dal tegame, disossarli e tritarli grossolanamente con la mezzaluna.

Preparare un battuto di cipolla, sedano, carote e un pezzetto di zenzero e farlo rosolare in un tegame con olio; unite la folaga e i pomodori senza semi e passati al passatutto amalgamando bene.

Aggiungere il riso, unendo via via brodo; aggiustare di sale e pepe; portare a cottura.

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Categorie: diScritti in dispensa

Autore:diLetti e Riletti

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Quando finalmente i vigili del fuoco ebbero sfondato la porta, l’odore, che fino a quel momento era filtrato attraverso gli spiragli, si diffuse per tutto il pianerottolo. La signora Lotti, che abitava nell’appartamento di fianco, fece un passo indietro; i volontari della Misericordia entrarono con la barella; Lorella strinse il braccio di suor Maria Consolazione.

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